terapia per bambini a Roma



Psicoterapia e Consulto Psicologico: Individuale, di Coppia e Familiare

COME PARLARE AI BAMBINI…SENZA PARLARE TROPPO!

Le difficoltà che si incontrano quando si vuole comunicare adeguatamente con un bambino sono diverse, ed hanno diverse cause.

Che significa comunicare? Scambiarsi idee, raccontare fatti, emozioni, pensieri e sogni senza essere giudicati, ma ascoltati. La comunicazione prevede che ci sia uno scambio, altrimenti si tratta di un monologo: quindi, la prima regola è di accettare che nella conversazione entri anche il bambino, con le sue idee e la sua personalità. Per molti adulti questo è un grosso ostacolo, se essi per primi non vogliono aprirsi, scambiare sentimenti oltre che parole, ricevere domande. Per i bambini, l’esempio è tutto! Mostratevi aperti al confronto, disponibili ad ascoltare in tutte le situazioni con chiunque, particolarmente con gli altri familiari, e il bambino apprenderà che è normale parlarsi. Se invece in casa si comunica poco, magari con tensione, o strillando, allora il bambino tenderà a comunicare poco e male. Chiaramente questo discorso è valido per i bambini che abbiano superato almeno i 2 anni, e diventa sempre più importante nell’età scolare.

Parlare con un bambino è difficile anche perché il suo linguaggio è diverso dal nostro, ma sono gli adulti a doversi adeguare: il bimbo comunica attraverso i comportamenti, le azioni e le reazioni emotive, pochissimo tramite il linguaggio, soprattutto quando ci tiene a non farsi scoprire, conoscere, capire.

Il gioco è il luogo privilegiato nel quale il bambino manifesta il suo stato d’animo, ma anche la sua personalità e concezione della vita che trascorre. Se ama giocare da solo, si arrabbia molto e spesso quando è in presenza di altri bambini, forse avverte l’ambiente esterno come pericoloso, quindi preferisce isolarsi. Se invece fa giochi violenti, distruttivi, è incontenibile e litigioso, potrebbe essere uno sfogo per una rabbia compressa. Se vi sembra di dover approfondire qualche comportamento, inutile rivolgersi direttamente al bambino, con una domanda del tipo: “perché ti comporti così?” , semplicemente perché il bambino non lo sa !

Le reazioni emotive sono incontrollate e incomprensibili per il bambino, che sente solo di dover reagire a qualcosa, che sia con l’isolamento o con la rabbia, con la distruzione dei giochi o con il pianto. Per avere più informazioni, dovete imparare a giocare. Inventate delle attività ludiche da svolgere insieme, così potrete osservare il bambino da vicino, aggirando il suo mutismo. Osservate come si comporta da solo e poi in presenza d’altri, in quali luoghi e svolgendo quali attività. Alle fine potrete avere un quadro preciso delle situazioni nelle quali si sente a proprio agio e quando invece è a disagio.

Partendo da ciò, sapendo che ogni bambino è unico, potrete in linea di massima stabilire una forma di contatto, di comunicazione, che il bambino comprende e accetta. Due sono le operazioni da svolgere: la prima , affiancare ad un’ attività “fanciullesca” un’altra linguistica; in secondo luogo, esporre al bambino il vostro ragionamento affiancato sempre al gioco.

Ad esempio, se vi sembra che il bambino scarichi aggressività repressa attraverso un gioco da “combattente” sulla sua console, approfittatene per chiedere chi sono quelli che ammazza, e cosa gli succede dopo la morte. Analizzate la risposta emotiva, oltre quella linguistica, e insinuate domande sulla sua vita parlando sempre prima di voi –esponetevi!-del tipo “ io vorrei metterci quello che mi ha graffiato l’auto, mi ha fatto molto arrabbiare, e tu? Chi ci metteresti?”. I giochi di ruolo sono poi ottime occasioni per esplorare la vita interiore del vostro bambino, e per lasciarvi conoscere meglio.

Linguaggio e gioco, linguaggio e simulazione, linguaggio e “storie fantasiose” . Stabilito uno strumento unico per comunicare, la seconda difficoltà riguarda i contenuti. Molti genitori ritengono di dover proteggere i bambini da informazioni dolorose e fuori dalla loro portata. Ma cosa è veramente fuori dalla portata? Nulla, infatti i bambini si accorgono di tutto, della depressione di un genitore, che ci sono problemi coniugali, avvertono se ci sono relazioni extraconiugali, sanno benissimo quando muore un caro anche se nessuno ne parla. La difficoltà è solo degli adulti, che provano imbarazzo, paura, temono le domande inesorabili dei bambini e le loro reazioni emotive. Gli adulti nascondono le proprie emozioni perche' temono di crollare, quindi evitano gli argomenti emotivamente forti. E i bambini, consapevoli di questo imbarazzo, mantengono il silenzio, vivendo in solitudine i dubbi, le paure e la sofferenza.

Scegliendo parole chiare e comprensibili, senza fingere di sapere tutto o di poter risolvere sempre ogni problema, affrontate con tatto gli argomenti che i vostri figli vi propongono, perche' evidentemente per loro sono importanti! Cosi' facendo gli insegnerete che : 1) sapere non è mai peccato!;2)possono fidarsi di voi e condividere i segreti del loro cuore;3)le emozioni non vanno nascoste come una colpa, bensì mostrate e comprese, mentre le azioni possono essere controllate.

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